le mie regole per una spesa che non rovini il pianeta

non si può più ignorare che i comportamenti della specie umana stanno modificando il pianeta, che abbiamo avviato un processo di degrado che lo rende sempre meno abitabile a tutte le specie viventi, compresa la nostra. se dieci anni fa la questione era dibattuta, oggi non lo è più. negli ultimi giorni lo confermano sia uno studio dell’Environment Programme dell’ONU che una ricerca di 22 scienziati pubblicata su Nature, secondo la quale oltre il 40% della massa emersa è sfruttato per attività umane. nel 2025 supereremo il 50%, che lo studio prevede sia la soglia critica che mette in modo un rapido mutamento della biosfera. nel 2025 oltre il 50% degli ecosistemi terrestri avranno subìto un mutamento artificiale.

la biodiversità è la base della vita umana sul pianeta: un equilibrio durato milioni di anni che, se cambiasse rapidamente, renderebbe il pianeta non più in grado di sostenere la vita umana in termini di temperatura, eventi climatici, produzione di cibo, energia, quindi abitabilità del pianeta. a planetary-scale critical transition, la definiscono. basti dire che (fonte Jeremy Rifkin) un aumento di un grado nella temperatura del pianeta corrisponde al 7% in più di acqua in circolo nell’atmosfera, che riprecipita in eventi meteorologici sempre più estremi. secondo lo studio è probabile un aumento medio di 3 gradi entro il 2100. con +3 gradi, la quantità di acqua in più immessa nell’atmosfera è enorme: gli oceani perdono di salinità, il sistema circolatorio fondamentale per la vita sul pianeta che è la Corrente del Golfo si ferma e il clima del pianeta cambia completamente. e rapidamente, perché i sistemi più sono complessi più subiscono crisi rapide.

 

lo studio è qui

 

“sì ma cosa posso fare io?”. appunto. ti dico cosa faccio io.

semplificando: le emissioni di gas serra (anidride carbonica e metano) sono le tre cause umane principali del riscaldamento dell’atmosfera. le fonti umane principali di queste emissioni sono l’uso di combustibili fossili per produrre energia e nei motori, l’allevamento intensivo, la deforestazione e l’uso di clorofluorocarburi (nei frigoriferi e nei deodoranti). quindi le regole base sono: evitare il più possibile l’uso di auto e aerei, mangiare meno carne, soprattutto rossa, risparmiare elettricità e privilegiare quella da fonti rinnovabili, tenere la temperatura in casa più verso i 19 che i 21 gradi, e acquistare in modo consapevole.

premetto che non sono un esperto di bio né di stile di vita complessivamente sostenibile (rivolgetevi a chi ne sa di più qui e qui) però ho alcune semplici regoline che sono adottabili da chiunque. ecco come faccio la spesa io:

– carne: non ne so molto di come acquistarla sostenibilmente perché non ne mangio più, ma ove possibile è meglio preferire animali che brucano e che non siano stati allevati in modo intensivo. agnello, selvaggina in genere. oggi è più facile scoprire la provenienza della carne, basta chiedere al macellaio o cercare nei negozi bio carne che non provenga da allevamento intensivo. il bovino è buono quanto devastante per l’ambiente. al mondo ci sono 1,3 miliardi di bovini, un miliardo di maiali e 19 miliardi di polli e galline, e tutti emettono quantità di metano di gran lunga superiori agli umani. sono semplicemente troppi. non c’è abbastanza pianeta per loro E per noi.

– pesce: la pesca oceanica e industriale devasta l’ambiente. in certi casi la specie ricercata rappresenta solo il 20% del pescato, il restante 80% va sprecato (o viene usato per farne mangimi animali e ve lo ritrovate come farcitura del pollo insieme a un sacco di altre cose che non volete sapere). tonno e merluzzo sarebbero da evitare comunque perché li stiamo estinguendo, ma se proprio dobbiamo mangiare tonno almeno scegliamo secondo la classifica di Greenpeace (AsDoMar è il più sostenibile).

– uova e latticini: comprare uova bio da allevamento a terra e in spazi aperti è abbastanza facile, idem con mozzarelle e latticini. alcune uova e latticini Bio come quelle Granarolo hanno una certificazione, purtroppo la legislazione italiana al riguardo è fumosa e per niente stringente in termini di obblighi per i produttori. l’ideale sarebbe cercare prodotti certificati da associazioni indipendenti con etichettatura di Tipo I in base agli standard ISO 14020. mai trovato uno. l’alimentari qui vicino ha le uova “del contadino” e ambientalmente me lo faccio bastare (eticamente è più complesso).

– verdura e frutta: la scelgo di stagione che sia coltivata il più possibile vicino per evitare il trasporto. la provenienza è sempre indicata, se posso scelgo quella coltivata in regione (basta chiedere) o venduta dall’agricoltore locale nei farmers market (ogni città ne ha uno).

– pane, dolci, biscotti, prodotti da forno non ne compro quindi non so cosa dirvi, se non che eviterei come la peste per ragioni nutrizionali qualunque cosa contenga sciroppo di glucosio-fruttosio (HFCS) e grassi vegetali idrogenati o acidi grassi trans. mi faccio ogni tanto la focaccia e il pane in casa, soluzione che richiede non più di un paio d’ore in tutto. lievitazione e cottura comprese.

– surgelati: no. ho tempo per cucinare e semmai congelo roba comprata fresca. il ciclo di produzione dei surgelati ha impatto ambientale, così come le materie prime usati per farli e il trasporto. inoltre, a differenza della Francia in Italia i surgelati fanno piuttosto schifo. ingredienti in scatola sì: non richiedono energia per la conservazione.

– tè, caffè e cioccolata è impossibile acquistarli a basso impatto, vista la provenienza delle materie prime.

– detersivi. non ne so abbastanza di impatto ambientale quindi come principio scelgo quelli non prodotti da grandi gruppi multinazionali come Procter and Gamble e Unilever e mi oriento su quelli senza marca prodotti in zona (sull’etichetta c’è lo stabilimento di produzione) che costano anche meno. la cosa che vi diceva la vostra mamma che i detersivi di marca lavano meglio? balle.

– elettronica e servizi di cloud: cerco di acquistare prodotti di aziende che abbiano un record non negativo per la guida di Greenpeace, ma volte ciò cozza con le mie esigenze (HP è meglio di tutti, Blackberry peggio di tutti). uso i servizi di cloud (storage online, musica ecc) che sono alimentati il più possibile con energia verde (Google e Yahoo bene, Facebook benino ma meno bene per l’uso di carbone, Amazon, Apple e Microsoft male per uso di carbone e nucleare e la scarsa trasparenza). invece, pensare di comprare qualcosa di elettronico che non sia stato prodotto o assemblato in Cina, quindi non abbia attraversato metà pianeta, è virtualmente impossibile.

 

per saperne di più si possono legere libri come questo, e se volete togliervi tutte le voglie di cibo eticamente e ambientalmente non sostenibile, questo.
(se potete, in ebook, che produrre e spostare libri costa, in termini ambientali).

fondamentali, se capite l’inglese, lo speech di Jeremy Rifkin al Ceres e The Earth is Full di Paul Gilding al TED.
(oltre ovviamente a An Inconvenient Truth di Al Gore)

 

5 commenti su “le mie regole per una spesa che non rovini il pianeta”

  1. ho trovato in giro questo.
    http://www.jacktech.it/news/lifestyle/eco-stili/le-rinnovabili-non-bastano-ad-accendere-il-cloud.aspx
    a naso mi viene da dire: se sostituisco quel che c’è (o pianifico di farlo a breve) con qualcosa che consuma di meno, che fine fa quel che c’è? in francia dicono che è alla fine del ballo che si pagano i musicisti: alla fine dei conti, come sta l’ambiente, dopo le operazioni di “miglioramento”? lo chiedo perché non lo so….

    1. ok, ottime domande entrambe. le questioni che poni, per come le capisco, sono due: come sostengo i consumi attuali della cloud con un’energia rinnovabile che è meno efficiente, e cosa succede all’ambiente se lo faccio.

      le rinnovabili attuali sono sicuramente meno efficienti delle fonti fossili, ma al di là di essere pulite sono energie che sono scalabili e distribuibili, nel senso che è questione di quante riesco a metterne su. già adesso basterebbe la provincia di piacenza interamente coperta di fotovoltaico per garantire l’uso civile. i tetti italiani garantirebbero l’autoconsumo, soprattutto a due condizioni: riuscire a metterli in Rete in modo che si scambino l’energia in surplus in modo efficiente, e risolvere il problema principale del fotovoltaico e dell’eolico, che è lo storage. secondo Rifkin è possibile farlo con le celle a idrogeno. quindi creando una rete intelligente (un po’ come l’internet) di nodi che producono e scambiano, e integrando nella rete centrali eoliche, il consumo civile è già copribile.

      peer quanto riguarda la cloud l’articolo che linki ha del tuto ragione: servono macchine più efficienti sui consumi e strutture più efficienti sulla produzione. è necessario un avanzamento e un investimento in ricerca e sviluppo per ridurre i consumi industriali. la tecnologia però è sempre stata in grado di dare risposte quando vi si investe con obiettivi precisi.

      come sta l’ambiente dopo quelle che non sono operazioni di miglioramento ma un intero cambio di paradigma dell’infrastruttura di produzione e consumo di energia non lo sa nessuno. Rifkin sostiene che cominciando oggi forse ce la si può fare, ma che in generale è poco ottimista. a quel punto la questione di come alimentare la cloud conta poco, possiamo fare a meno della cloud, se la scelta è tra averla o illuminare le case.

      la cosa certa è che la soluzione non è una ma l’integrazione di diverse: case energicamente autonome, autoproduzione e distribuzione in una rete efficiente, la capacità di storage e redistribuzione del surplus, e sicuramenre, drastica riduzione dei consumi da una parte e delle emissioni dall’altra.

      il petrolio ha superato il picco: tutto quello che si estrarrà in futuro sarà sempre più profondo e a costi estrattivi (economici e ambientali) sempre più insostenibili. l’estrazione dai bitumi ha costi ambientali, il fracking per raggiungere i depositi profondi (quelli superficiali sono esauriti) causa danni ambientali enormi quanto a emissioni e a incidenti, e li causano il tarsporto per mare, il nucleare, il carbone, tutto quello che abbiamo di non rinnovabile. non è più una scelta.

      energeticamente e ambientalmente non ci potremo più permettere il trasporto individuale alimentato a benzina come l’abbiamo avuto fino a oggi, né il volo low cost, né la globalizzazione dei mercati. l’allevamento intensivo che ti mette la bistecca in tavola a 3 euro e la deforestazione stanno strangolando la biodiversità e il clima.

      non c’è una Soluzione, la Soluzione piacerebbe a tutti ma non c’è: ci sono molti tentativi possibili che vanno adottati tutti insieme, e subito, per rallentare (non invertire) la tendenza. questo non si può più sostenere. bisogna lavorare sia sulla riduzione dei consumi che sulla tecnologia applicata all’efficienza delle rinnovabili, sulla loro diffusione e connessione in rete, che sul drastico taglio delle emissioni. bisogna tornare alla produzione locale dell’agricoltura. ciò richiede investimenti enormi, un cambio radicale di sistema, ed è una soluzione a lungo termine. e visto che la cosa che ti puoi aspettare meno dalla politica sono scelte difficili in prospettiva a lungo termine, non succederà mai.

  2. wow!! altro che ansia!! sono vegetariana e sei riuscito a darmi ancora più grinta per continuare questa dieta!!! e ricordiamo che il mondo non ci appartiene, ma lo condividiamo!!! :)

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