L’idea che ha di Ibiza chi non c’è mai stato è molto simile a quella che altrettanto spesso ha di Rimini: caotica in alta stagione, priva di stimoli in bassa stagione, nazionalpopolare. Vorremmo qui dimostrarvi che se nel caso di Rimini il pregiudizio può anche essere corretto, nel caso di Ibiza sbaglia in due punti su tre.
L’alta stagione a Ibiza o Palma non è certo il genere di vacanza da consigliare a chi ama la tranquillità: in quel caso andrebbe presa in considerazione Formentera. Ma in bassa stagione, quanto a natura e paesaggi, Ibiza è una località molto godibile – forse persino più godibile che in alta.
Clima spesso mite, spiagge deserte – a Ibiza ci sono una quarantina di cale, ciascuna con un paio di spiagge – ma servizi di base comunque disponibili, e qualunque punto dell’isola raggiungibile in un’oretta in automobile, quasi necessaria se si desidera visitare davvero l’isola.
Sulla nazionalpopolarità c’è un equivoco: non so se in agosto l’isola si riempia di lumpenproletariato discotecaro, ma in bassa stagione emerge chiaramente il fatto che Ibiza (nel senso di Eivissa, la città capoluogo, ma anche nel senso di isola) è piuttosto stilosa negli allestimenti, esteticamente curata e ricca di stimoli, se non culturali almeno estetici.
Eivissa ha l’allure chic di una (inserisci qui la tua località turistica chic a scelta) ma a differenza di, per restare nell’esempio iniziale, Riccione, è una città vera, un avamposto mediterraneo dell’impero spagnolo composto di cerchie labirintiche di casette bianche abbaglianti che oggi ospitano microatelier di fashion e design e si snodano attorno alla base di una fortezza – rocca, la chiameremmo in Romagna – difesa da quattro enormi bastioni dai quali si gode una vista circolare spettacolare sulla città, sul porto e sul mare. Un’occhiata alla mappa è sufficiente a comprendere la spettacolarità dell’ambientazione: quella che sfugge nella visione aerea è la bellezza della città alta.
Ibiza è un’isola estremamente gradevole, oltre che climaticamente (ad aprile e ottobre magari non si fa il bagno, ma ci si abbronza seriamente) anche dal punto di vista della conformazione e naturalistico. Verdissima, per essere più o meno all’altezza di Sicilia e Grecia, ricoperta di macchia mediterranea alta e piuttosto rigogliosa, circondata da scogliere e coste frastagliate (a me ricorda un incrocio tra il Gargano e per altri versi la Sardegna), piene di calette e panorami gradevolissimi, a partire dal famoso Es Vedrà, enorme sassone piantato in mezzo al mare, la cui vista dalla spiaggia di Cala d’Hort è davvero notevole.
E girare di cala in cala è davvero una delle attività più gratificanti. Posso garantire che noleggiare un’auto (circa 35 euro/giorno) e percorrere l’isola in lungo e in largo sulle strade impeccabilmente asfaltate, con la house leggera di Ibiza Global Radio in sottofondo, lava via gran parte dello stress, dei pensieri e delle preoccupazioni. Fanno il resto del lavoro i ristoranti sulla spiaggia che servono paella, pesce fresco e aioli, e i ristoranti dei paesini che hanno la cucina aperta fino a mezzanotte e mezza (i ritmi e i tempi sono se possibile, ancora più rilassati di quelli spagnoli continentali) e ti accolgono con una varietà di tapas di pesce fresche, o con menu di cucina locale leggermente influenzata dalle tante presenze internazionali che hanno visitato e animato l’isola nel Novecento e prima.
Ma è un’altra la caratteristica dell’isola di cui forse vale più la pena di parlare, quella che resta più impressa, giustifica più il viaggio, e caratterizza più Ibiza rispetto alla maggior parte delle altre mete turistiche del Mediterraneo. Potrei definirla solo come atmosfera (l’inglese ha termini più adatti: feeling, mood, ambience, vibe). Ibiza è un’enclave hippie fin dai tempi in cui vi si rifugiò una comunità piuttosto varia di oppositori alla dittatura franchista, e l’hippismo, nell’aspetto e nelle pratiche, resta presente, concentrato soprattutto in alcune località dell’interno (il mercato di Las Dalias è la più nota) e in altri fenomeni locali, come il bonghismo sulla spiaggia di Benirràs.
Più in generale, la tipica tolleranza della cultura hippie, insieme alla distanza dalla madrepatria e a una natura che favorisce la contemplazione, ha alimentato un modo di vivere rilassato e introspettivo, uno stile di vita che aleggia nell’aria da cui non si può evitare di essere contagiati, e di cui la musica ambient/chillout e la posta del sol, il rito della contemplazione del tramonto, sono le manifestazioni esteriori più visibili. L’impressione che si ha dopo qualche giorno di permanenza è che Ibiza sia soprattutto e prima di tutto un’isola serena, in cui le persone sembrano vivere e convivere, se non in completa armonia, in modo emotivamente e socialmente sostenibile. A Ibiza ho avuto la sensazione che tutti attorno a me se la stessero godendo (la giornata, la vacanza, la vita) quanto me. Non è mica poco, e non posso dire lo stesso di molti posti che abbia visitato.
La mia gallery delle foto di Ibiza (su Google+)
Tre indirizzi di ristoranti a Sant Antoni, soddisfazione garantita:
El Rincon de Pepe, taperia suprema, San Mateo 6, Sant Antoni de Portmany
(Il difficile è smettere di ordinare tapas di pesce)
Es reboost de can prats, cucina locale curata in una casa deliziosa, c/cervantes 4, Sant Antoni de Portmany
(Quei posti dove ti viene voglia di abbracciare i proprietari)
Can Pujol, Calle de Caló, 97, 07610 Sant Josep de la Talaia
(La grigliata di pesce come dovrebbe essere)