Una delle cose su cui ragiono in questi tempi è la documentazione fotografica e in video degli eventi salienti della mia vita, quello che oggi in modo un po’ snob si definisce narcisismo social, il “fotografare invece di vivere” su cui tanto è stato scritto, anche nello studio dei media.
Non ci penso perché mi preoccupi di perdermi esperienze, e non la vedo tanto in termini di testimonianza per la mia rete sociale (cioè anche: la socialità online ha un valore innegabile nelle nostre vite, non mi sembra si possa negarlo), quanto in termini di costruzione di memoria per il futuro.
Una cosa che ho capito della terza età è che i ricordi, e le immagini ad essi associati, hanno valore nella vita di un anziano. Ho molti ricordi di nonne che sfogliano per ore – prima insieme al me piccolo, poi davanti al me adulto – migliaia di fotografie pescate da grandi scatole di latta con pubblicità degli anni 60. I maschi meno, devo dire.
Ma nella terza età il ricordo, e il supporto fotografico al ricordo, devono assumere un valore che in età più giovane è difficile da immaginare, e se quel valore rappresenta qualità della vita in una fase in cui c’è molto tempo da passare e poche cose interessanti da fare, perché non pensare a produrre oggi i contenuti che serviranno a generare quel valore?
In quest’ottica diventa sempre più importante documentare fotograficamente (e in video) il presente. Sarà il caso di farlo solo con le esperienze memorabili, o anche con il quotidiano? Quali saranno le tecnologie future che ci permetteranno di cucire assieme queste memorie in una narrazione continua e seamless del passato?
Cosa, quanto e come potremo rivivere delle nostre vite, avendo a disposizione i materiali foto e video? Potremo navigarli in 3D come se fossimo in un mondo online permanente? Da dove lo prenderemo il suono per fare da colonna sonora alle immagini?
La scommessa, se devo farne una, è che avremo presto (10, 15 anni) tecnologie in grado di registrare in audio-video 3D ogni momento delle nostre vite, ed estrapolarne i momenti salienti per costruirne una narrazione documentaristica. (Fino al giorno in cui, magari, scopriremo qualcosa come la memoria del DNA, cioè che il corpo umano salva la nostra intera esistenza grazie alla capienza delle catene di nuclei a spirale che contengono la memoria della nostra specie?)
E a quel punto si tratterà solo di accedere a questi dati e passare gli ultimi mesi o anni della nostre vita con la possibilità di riviverla interamente come spettatori o protagonisti, a seconda del grado di interazione consentito dalle tecnologie.
Un limbo di non coscienza del presente, un sottrarsi alla vita che in età attiva rappresenterebbe una patologia, ma in età avanzata può essere un preludio accettabile, anzi auspicabile, a una dolce morte, molto più dell’attuale gestione ospedaliera della malattia.
(Interessante al riguardo il lavoro che Facebook sta facendo sugli ambienti 3D)