editore, fammi pagare come alla Festa dell’Unità

In casa mia nel Novecento si leggeva un quotidiano al giorno, due magazine settimanali, due o tre mensili.

Oggi, andando sulla history del browser a fine giornata e contando le testate su cui ho letto qualcosa, supero ampiamente le 30. In un mese leggerò, ed è una stima prudente, su almeno un centinaio di testate diverse. Ogni anno saranno, quante? 400?

Nel 2015 il modello di abbonamento alle testate è ancora quello di fine ‘900: l’editore ragiona come se ognuno di noi leggesse un quotidiano al giorno e due riviste al mese. Se io dovessi pagare l’abbonamento a 400 – ma diciamo anche solo alle 100 testate che leggo con una minima regolarità ogni anno, a una media di 20€, sborserei 2000€/anno in abbonamenti a riviste. Non credo che sia fattibile – nemmeno sensato – per nessuno che io conosca, tranne forse i professionisti. Perché nessuna o quasi nessuna di quelle 100 o 400 testate è insostituibile: le notizie sono le stesse, i commenti spesso simili.

(Ok, salviamo il valore dell’inchiesta – ormai più rara del rinoceronte di Java – e dell’approfondimento. Salviamo anche l’editoriale, ma solo come concetto astratto, perché poi i tuoi direttori sono spesso dei fastidiosi tromboni, e se in rete c’è scarsità di qualcosa non è certo di opinioni: la maggior parte delle volte mi interessa più sapere cosa ne pensa di una data notizia Leonardo​ che Mieli o De Bortoli).

Nel frattempo sì è capito che il paywall funziona solo se sei il NYTimes o the Atlantic, e l’advertising ha un destino di lenta morte tra le fauci di Adblock. Per questo dico agli editori: fammi abbonare alla cifra che decido io. Come all’ingresso alla festa dell’Unità, non fare un abbonamento, fai una sottoscrizione. Quelli tra noi che sono intimamente portoghesi continueranno a esserlo e su quello non puoi farci niente, ma chi vuole pagare ti pagherà quello che ritiene giusto per il tuo valore e sostenibile per le sue tasche. Molti di noi hanno in mente una cifra che ritengono sostenibile spendere ogni anno per finanziare l’editoria che considerano di qualità. Questa cifra varierà presumibilmente da 20 a 200€: non sarà mai 2000€, però intanto almeno quelli te li prendi.

In altre parole, c’è una cifra massima che ciascuno di noi può permettersi/è disposto a spendere ogni anno per la cultura. Questa cifra non è diminuita a causa dell’Internet: è il numero complessivo delle informazioni che consumiamo a essere straordinariamente aumentato. La torta è la stessa, ma le fette sono diventate così piccole che ormai non si riescono nemmeno a prendere in mano. (E lo stesso vale sempre più anche per il cinema e la musica).

 

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Citizen Bezos

tra le ipotesi che ho visto fare sulla ragione per cui il Lord dei New Media Jeff Bezos abbia acquistato la cosa che sembra più lontana dalla sua Amazon, cioè il quotidiano (wtf) cartaceo (WTFF) Washington Post, l’ipotesi che sembra più convincente è che l’abbia fatto per la distribuzione.

il ragionamento parte dal punto di vista – ragionevole, persino ovvio – “cosa ha il Post che serve a Amazon”? una rete di distribuzione capillare, punti vendita sul territorio, e un mercato di subscriber acquisiti che può essere tranquillamente servito e commercialmente sfruttato da Amazon. però potremmo provare, per puro esercizio, a ribaltare il ragionamento: cosa ha Amazon che serve al Post?

la risposta è, curiosamente, la stessa: la distribuzione. anche Amazon ha una rete di distribuzione capillare, e ha anche un’audience, ben più grande di quella del Post, già acquisita, che paga per leggere e sicuramente non ha nulla in contrario a leggere gratuitamente (che il modello di business della vendita delle copie sia defunto Bezos lo sa da un bel po’).

e allora cosa succederebbe se a ogni pacco Amazon spedito ogni giorno negli States (anzi, nei paesi di lingua inglese) contenesse una copia del Washington Post (ovviamente alleggerito nei costi di produzione, riorganizzato per ottenere il massimo dall’interazione tra digitale e cartaceo?), e se ogni iscritto a Amazon ricevesse quotidianamente il WP digitale? di quanto salirebbe il numero di lettori, e quindi la raccolta pubblicitaria?

nonostante tutto, un quotidiano resta comunque una macchina per vendere pubblicità, e più persone leggono quel quotidiano più pubblicità si vende. la circolazione di Amazon e le sinergie tra i due soggetti permetterebbero al WP alleggerito di sopravvivere? persino di fruttare?

ma facciamo anche un altro esercizio di speculazione: come sappiamo bene in Italia, un quotidiano può essere una straordinaria macchina da propaganda anche se in perdita. e Bezos è una persona molto ambiziosa.

 

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