la televisione è un mobile che sta in soggiorno

“io non ho la televisione” di per sé significa “non possiedo l’elettrodomestico TV” ma spesso contiene diversi significati impliciti. a seguito di questo status update su facebook e friendfeed:

“Non ho la televisione”: sono sempre stupito da questo accanirsi sull’apparecchio con lo scopo voodoo di ucciderne i contenuti, parlando del media”

ho raccolto una serie di significati di quella frase, cioè disvalori che si attribuiscono alla “televisione”:

– trasmette contenuti e informazione di pessima qualità
– è diseducativa per i bambini
– porta via tempo e energie vitali
– trasmette cose che non mi interessano
– rappresenta una realtà noiosa, non interessante, demenziale o becera
– è passiva e non consente di essere produttivi
– cambia il rapporto tra le persone anche se è spenta
– non possederla è una dichiarazione d’intenti

come si vede subito, quasi tutte le critiche sono ai contenuti, non all’oggetto né al media TV. più precisamente, mi permetto di indovinare, sono ai contenuti mainstream, trasmessi in orari di punta sui canali di maggiore ascolto. perché nessuno può, credo, negare che considerando l’intera offerta dei contenuti forniti attraverso il mezzo televisivo esistano contenuti di informazione, di cultura e di intrattenimento di qualità.

per dire che se rifiutare il televisore significa rifiutare in blocco la televisione, cioè il media compresi i contenuti, ciò significa anche disinteressarsi del cinema trasmesso in TV in un momento in cui le sale di provincia chiudono, di quello straordinario rinascimento del media che sono le serie TV, dell’offerta culturale, informativa e di inchiesta presente sui canali satellitari e digitali, italiani e esteri. significa rifiutare Report, Rai News, l’informazione di Al Jazeera, le inchieste e i documentari della BBC, HBO, Comedy Central, la storia dell’arte di Philippe Daverio, Rai Storia, Rai Scuola e una coda lunga di canali culturali, artistici e musicali da tutto il mondo trasmessi sul satellite in chiaro. rifiutare la televisione significa rifiutare un bel po’ di cultura accessibile gratuitamente.

non solo. all’atto pratico, senza entrare nella massmediologia mcluhaniana che è un altro campo da gioco, ai fini culturali il media è un veicolo neutro: quello che cambia sono la qualità e l’utilità dei contenuti rispetto al singolo spettatore. la convinzione diffusa che leggere un libro sia tempo investito in modo più produttivo e educativo che guardare la TV è del tutto infondata, se non la si contestualizza rispetto al singolo spettatore. e non v’è dubbio che rispetto a chiunque guardare un documentario della BBC o un film di qualità sia culturalmente e educativamente più produttivo che leggere un libro della Fallaci o la saga di Twilight. quale sarebbe la nostra reazione se qualcuno a una cena dicesse “io non leggo cose stampate su carta”? perché invece troviamo così alto e nobile affermare “io non guardo la TV”?
demonizzare il media, addirittura l’elettrodomestico, mi sembra non solo alimentare un equivoco ma esercitare un esorcismo, piantare spilloni in una bambolina voodoo.

quello che probabilmente si intende comunemente come TV è in realtà quella fascia di programmi di intrattenimento generalista progettati per un grande pubblico indifferenziato che ormai si identifica con il target principale del prime time RAI: over 65, del sud italia, a bassa e bassissima scolarizzazione. la tv del sabato sera, della domenica pomeriggio, il prime time, certe fasce pomeridiane e mattiniere da casalinghe non sono la Televisione, sono la parte più visibile dei contenuti televisivi. sono la più esposta perché sono negli orari in cui la maggior parte di noi può trovarsi davanti alla TV.

sorvolo sul fatto che un programma a basso o bassissimo contenuto culturale può essere di gradevole intrattenimento, e mi piace pensare che si possa concordare che non farà alcun danno se a scegliere di guardarlo è una persona matura e che ha già compiuto il proprio percorso di evoluzione culturale. se davvero qualcuno sostiene che dopo aver guardato un episodio di Jersey Shore si sia diventati un po’ più scemi, sarei davvero curioso che mi mostrasse i dati scientifici che lo dimostrano.

il fatto è che l’altissima diffusione del media e l’assenza di filtri in accesso ha reso la TV straordinariamente appetibile dal punto di vista commerciale, soprattutto da parte del largo consumo con un mercato indifferenziato, e come veicolo di propaganda attraverso l’informazione, col risultato inevitabile di trasformarlo in un collettore di contenuti mirati al mercato del largo consumo e in un megafono di cattiva informazione inquinata dalle esigenze della propaganda politica.

ma la critica al media come entità maligna che ruba tempo e energie che si potrebbero dedicare ad altro è in realtà una critica a una parte di noi che non ci piace, cioè una resa. è la lamentela del tossico che attribuisce la colpa del suo stato alla droga. non è il contenuto che ipnotizza la persona, ma la persona che sedendosi davanti al televisore senza progetto (cioè senza aver operato la decisione volontaria e ragionata di vedere qualcosa che ha scelto) decide in autonomia di farsi ipnotizzare da qualunque cosa passi sullo schermo. non è la TV ad essere diseducativa: siamo (semmai) noi che ci diseduchiamo se accettiamo di guardare qualunque cosa, anche quelle che non ci interessano o non sono adatte a noi.

sulla libertà delle altre persone di guardare contenuti che noi consideriamo di bassa qualità, sul (presunto) effetto diseducativo che tali contenuti fanno sulla società, sul dovere delle emittenti di trasmettere contenuti educativi, sull’effetto di Mediaset sull’Italia degli ultimi 30 anni non mi pronuncio perché è sono temi davvero troppo ampi.

mi resta però ancora da capire perché alcuni media siano di per sé buoni e altri cattivi. se la TV è passiva, i libri non sono meno passivi della televisione. se la TV ha contenuti di cattiva qualità, non è che su Internet siano solo di sonetti di Shakespeare (e per fortuna). quello che fa la differenza sono le scelte che operiamo noi nell’utilizzare il media. e qui sta la diferenza tra la Rete e la TV: la maggior parte dei contenuti sugli altri media sono utilizzabili quando decidiamo noi (un libro lo prendi in mano quando vuoi, Internet è on demand e ti permette di farti il palinsesto) mentre la TV (e la radio) di per sé costringe a vedere cosa passa in quel momento. questa è l’unica differenza di valore che vedo tra i due media (e per cui esistono, fortunatamente, dei rimedi tecnologici).

con queste premesse, se “non guardo la TV” – in particolare se intesa come “tutti i contenuti prodotti e trasmessi in televisione” – è una dichiarazione di intenti, mi chiedo quale sia, questa dichiarazione: “desidero limitare volontariamente la scelta di contenuti a mia disposizione”?