la vittoria di breivik

c’è una cosa che mi colpisce nel dibattito sulla strage di Utøya in cui uno sciroccato totale di nome Anders Behring Breivik ha fatto fuori a sangue freddo 69 teenager in nome della difesa della razza ariana, di un presunto ordine dei cavalieri templari e di un sacco di altre minchiate frutto di una probabile schizofrenia paranoide. mi colpisce che ci si stia seriamente chiedendo se la massima pena prevista dall’ordinamento norvegese per strage sia sufficiente per la gravità del reato.

il codice penale norvegese prevede una pena massima di 21 anni di carcere. per quanto la strage in questione sia stata particolarmente odiosa, schockante, difficile persino da accettare, cosa fa sì che riguardo a Breivik si possa pensare di derogare dall’ordinamento giuridico di un paese?

uccidere molte persone è più grave che ucciderne poche? quante sono “molte”?
uccidere persone per motivi razziali o ideologici è di per sé, davanti alla legge, più grave che ucciderle per altri motivi?

e se lo è, in base a quale principio non è sufficiente il massimo della pena? cosa ci fa pensare che per Breivik non valga il principio in base al quale la pena deve essere rieducativa? gli psichiatri non sono nemmeno d’accordo sulla sua salute mentale: chi l’ha stabilito che sia irrecuperabile? e se è irrecuperabile, perché per lui non deve essere riservato il trattamento riservato a tutti gli altri malati irrecuperabili? in che modo 40 anni di carcere sono meglio di 21? cosa dovrebbe succedere negli altri 19? nel doppio del tempo Breivik dovrebbe diventare più recuperabile? in base a quale dato scientifico o ragionamento razionale?

la Norvegia è probabilmente uno dei paesi più civili, moderni e razionali del mondo, è il paese che ha insignito del Nobel per la pace Amnesty International, l’ONU, Madre Teresa e il Dalai Lama, tutti soggetti che hanno lottato attivamente contro la pena di morte.

la Dichiarazione universale dei diritti umani, carta dei princìpi su cui si basano le Costituzioni dei paesi più civili del mondo e su cui credo nessun cittadino norvegese in buona salute mentale abbia da ridire, all’articolo 3 stabilisce che “ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona“.

quali sono le basi giuridiche, etiche e persino razionali che danno modo di pensare che solo nel caso di Breivik non valga tutto ciò che è stato stabilito per il resto della popolazione? come la mettiamo con l’articolo 7 della Dichiarazione universale, in base al quale “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a un’eguale tutela da parte della legge“?

perché alla fine sta qui, mi pare, il punto più pericoloso: al di là del fatto che per un tale orrore 21 anni possano essere pochi per il sentire comune, derogare dai principi del codice penale norvegese significa in qualche modo metetre in discussione i princìpi espressi nella Dichiarazione dei diritti umani, quindi le basi stesse della convivenza civile su questo pianeta; il frutto di secoli, millenni di evoluzione, dibattito, negoziazione e sintesi delle società civili di tutto il pianeta Terra. e se ciò può avvenire in uno dei paesi che più hanno contribuito a stabilire quei diritti, ciò non può rappresentare un precedente pericoloso per tutte quelle società che ancora stanno cercando faticosamente la strada verso il pieno rispetto dei diritti umani?

non c’è il rischio che la Norvegia, per soddisfare una richiesta più emotiva che razionale, invece che dare un esempio di civiltà (come finora ha fatto, su questo caso, a partire dalle dichiarazioni del premier durante la cerimonia di commemorazione delle vittime) finisca involontariamente a fare da cattiva maestra per il resto del mondo?

non c’è il rischio che l’introduzione di una pena in deroga alla legislazione finisca per rappresentare la vittoria finale dell’odio assoluto di Breivik?