Cosa dobbiamo sapere sulla nuova legge di omicidio stradale (prima di tutto, che investendo una persona facilmente la si uccide)

Con il nuovo reato di omicidio stradale, ci sono alcune cose che è bene tenere tutti in mente in ogni momento quando siamo al volante. Con il nuovo reato di omicidio stradale, ma anche senza.

Come già avvenuto in altri paesi europei, anche in Italia le pene sono state inasprite e commisurate alla gravità dei danni arrecati in caso di investimento grave di un pedone, e oggi la cosa si fa davvero seria per l’automobilista – se l’eventualità di uccidere qualcuno non lo fosse già abbastanza.

#Finalmente, ha detto il PresdelCons. Finalmente, ma resta triste che per proteggere le persone su un tema in cui basterebbe una cultura di sicurezza condivisa si debbano fare leggi così severe da rovinare la vita di altre persone, e in Italia da tanti anni si sia rinunciato a fare prevenzione culturale nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Gli automobilisti italiani hanno, per cultura nazionale, un uso dell’auto così spensierato e superficiale da rischiare di rovinare e rovinarsi la vita. E in questa categoria rientriamo tutti più di quanto pensiamo.

Di investire qualcuno può capitare a tutti perché guidiamo tutti – io per primo – troppo veloce. Il danno causato investendo qualcuno oltre i 30 kmh è spesso così grave da uccidere o menomare a vita.

“A 50 kmh la probabilità di morte è del 55%. Se questa velocità viene ridotta a 32 kmh la probabilità di morte dell’investito scende al 5%”

Non ho ancora una vera e propria opinione sulla legge: di sicuro ha un serio impianto punitivo. Una cosa è chiara: se non lo siamo stati finora (e statisticamente non lo siamo stati), d’ora in poi bisogna essere MOLTO più prudenti alla guida, e andare MOLTO più piano nelle strade urbane ed extraurbane. Perché come dimostrano le statistiche e le cronache degli ultimi anni, i morti avvengono in città.
Le novità

– Prima di tutto: non cambia nulla in caso di morte causata da semplice violazione del codice stradale (omicidio colposo da 2 a 7 anni). È il caso più comune, credo. Si può già andare in prigione per un investimento stradale, anche se credo non accada quasi mai, come fanno spesso notare i parenti delle vittime.

– La pena passa a da 8 a 12 anni di carcere per chi investe e uccide in stato di ebbrezza alcolica grave (o sotto l’effetto di droghe), se il tasso alcolemico supera gli 1,5 grammi per litro (secondo le tabelle del ministero equivale a qualcosa come 4/5 superalcolici per un maschio di 70-80 kg, o più di un litro di vino).

– La pena va da 5 a 10 anni se il tasso supera 0,8 grammi per litro (due superalcolici o due bicchieri di vino e mezzo) o in caso di guida pericolosa.

– Nel caso dei conducenti professionali (camionisti, autisti di bus) la pena da 8 a 12 annui si applica a qualunque tasso alcolemico oltre gli 0,8 grammi per litro.

– La pena può aumentare del 50% se si uccide più di una persona, e fino a due terzi in più in caso di fuga con omissione di soccorso. Teoricamente (ipotesi da verificare) si potrebbe finire in galera per trent’anni con ebbrezza grave + vittime multiple + omissione di soccorso (12+50%+66%).

– Se non c’è omicidio ma lesioni gravi o gravissime (se invece di ammazzare chi investiamo, lo rendiamo solo disabile grave), le pene vanno da 3 a 5 anni e da 4 a 7 rispettivamente.

– In caso di condanna o patteggiamento (anche con la condizionale) per omicidio o lesioni stradali viene automaticamente revocata la patente. Una nuova patente sarà conseguibile solo dopo 15 anni (omicidio) o 5 anni (lesioni). Ci sono però le aggravanti: in caso di fuga con omissione di soccorso dovranno trascorrere almeno 30 anni dalla revoca.

– Sono previsti il raddoppio dei termini di prescrizione e l’arresto obbligatorio in flagranza in caso di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto. Se quando ci fermano siamo sopra i limiti, si viene arrestati d’ufficio.

Conclusione: se investiamo qualcuno uccidendolo dopo una cena in cui abbiamo bevuto, oggi c’è l’eventualità reale di finire in galera e di non guidare mai più, MA se questo accade significa che abbiamo ucciso o se va “bene” reso disabile una persona, che è quello che dovrebbe preoccuparci veramente. Oltre a una maggiore disponibilità di mezzi pubblici, è proprio una cultura della sicurezza, la consapevolezza continua che guidare significa andare in giro con una pistola carica, che manca nella nostra società. E che non vedo lo Stato incoraggiare nemmeno oggi, se non con la minaccia di pene gravissime.

 

omicidio stradale

L’automobile è un’arma

A volte, discutendo di incidenti e sicurezza stradale, mi capita di dire “l’automobile è un arma“, incontrando sguardi di stupore e scetticismo.
Perché certo, come possiamo accettare l’idea che una cosa così presente nelle nostre vite, su cui passiamo ore ogni settimana e su cui trasportiamo i nostri figli, possa essere paragonata a una cosa pericolosa come un’arma? Le armi sono oggetti da paesi incivili come gli Stati Uniti: noi siamo una socialdemocrazia europea che tutela i suoi cittadini con regole strette come il Codice della Strada e i limiti di velocità, talmente bassi che quasi nessuno di noi li rispetta. E se non li rispettiamo è per una sola ragione: non riteniamo che l’automobile sia un oggetto pericoloso.

Ignorando più o meno volontariamente che in Europa le auto sono la terza causa di morte*, e uccidono quasi 350 persone al giorno, più di 127.000 ogni anno. L’intera città di Ferrara. Di questi, 6.500 sono bambini. 2,4 milioni di persone vengono ferite oppure rese disabili in incidenti stradali ogni anno.

Ma questi sono solo numeri noiosi: in fondo qui si tratta di incidenti, gli incidenti non sono prevedibili, è questione di sfortuna, e con questo comodo fatalismo continuiamo a guidare in città ai 70 all’ora, senza minimamente preoccuparci del fatto che l’auto che stiamo guidando pesa oltre una tonnellata, e che se ci dovesse capitare di investire qualcuno, per esempio un bambino che ci taglia la strada uscendo da due auto parcheggiate, la forza dell’impatto, data da massa x accelerazione, scaricherebbe sulla persona che investiamo – anche solo guidando a 30 kmh – una forza di 16 tonnellate. A 70 kmh sono 90 tonnellate.

 

Di questa cosa hai una dimostrazione pratica straordinariamente efficace quando ti trovi a passeggiare una domenica mattina e, nel parcheggio dell’hotel che si trova sul lato opposto della strada, una station wagon Mercedes impazzisce, parte a razzo da ferma, investe in pieno e svelle il cancello di ferro dell’hotel (16 tonnellate, ricordate?) scaraventandolo sulla strada, colpisce con una violenza che ti lascia senza fiato il muso di una Punto facendola ruotare di 90°, e si infila in un negozio abbattendone quasi completamente la vetrina ed entrandoci con un metro di muso.

A quel punto non puoi più fare a meno di considerare che se tu e la tua splendida fidanzata vi foste trovati 15 metri più avanti, avreste avuto meno di 2 secondi per togliervi di mezzo e cercare di non crepare all’istante.

C’è bisogno, a questo punto, di sottolineare che 16 tonnellate che ti sbattono contro la vetrina di un negozio sono molto più letali di un colpo di pistola?

Senza dubbio: un’arma. Che a velocità oltre i 30/50 kmh è quasi sicuramente letale, e che in Italia è anche il modo con più probabilità di successo per uccidere qualcuno e farla franca, visto che, a differenza degli incivili USA dove vendono le armi al supermercato, da noi non esiste il crimine di omicidio stradale, e la maggior parte degli investimenti si risolvono con pene da tre mesi a un anno o la multa da 500 a 2.000 euro per lesioni gravi, la reclusione da un anno a tre anni per lesioni gravissime, la reclusione da due a un massimo di sette anni in caso di omicidio.

Il reato è colposo quindi le pene non vengono mai comminate interamente, e condizionale o patteggiamento consentono quasi sempre di evitare il carcere. Mentre in Gran Bretagna la pena per guida pericolosa causa di morte è fino a 14 anni. Negli USA in alcuni stati si va da 3 a 15 anni, fino a 20 o anche 30 in caso di aggravanti, con la possibile incriminazione per omicidio di primo grado.

Questo solo per dire: la prossima volta che in città vediamo – e accadrà sempre più spesso – il divieto di velocità a 30 kmh, una ragione c’è. Magari pensiamo un attimo alle 16 tonnellate, e rispettiamolo.

Io, comunque, ho ancora i brividi.

 

 

*Escludendo il suicidio

 

 

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industrializzazione, automobilizzazione e internettizzazione hanno danneggiato la nostra empatia

il passaggio da paese rurale a industriale avvenuto nella prima metà del 900 ha causato una forte mobilità sociale, che insieme ad altri fattori ha determinato la fine della famiglia estesa tradizionale – un nucleo sociale collettivo che comprendeva un ampio numero di parenti – e la diffusione della famiglia nucleare, con genitori e figli che vivono lontano dal gruppo famigliare esteso che caratterizzava la famiglia rurale. l’effetto è stato quello di ridurre i contatti con persone e nuclei sociali diversi, quindi le capacità empatiche dell’individuo. l’avvento della TV come media di intrattenimento di massa ha ulteriormente ridotto l’esposizione fisica della famiglia nucleare all’altro da sé.

la diffusione dell’automobile ha determinato un ulteriore isolamento della persona: allontanatosi dalla famiglia estesa, ora il lavoratore si isola anche dalla società nel quotidiano, riducendo sempre più i rapporti casuali con persone diverse. a causa dell’isolamento fisico all’interno del veicolo, le interazioni tra automobilisti, ciclisti e pedoni sono ridotte al minimo livello di comunicazione possibile: occhiate, gesti, parole non udibili, rivolte più a esprimere le proprie emozioni a sé stessi che a comunicare con l’altro.

la riduzione dei contatti quotidiani con persone non appartenenti alla famiglia ristretta ha avuto l’effetto di ridurre la capacità di confrontarsi col diverso da sé: come la famiglia nucleare riduce la capacità di empatia dell’individuo, l’automobilista, isolato nel suo abitacolo, perde la capacità di interagire in modo culturalmente produttivo con gli altri perché non deve confrontarsi quotidianamente con persone appartenenti a culture diverse, come accadeva quando camminavamo o usavamo i mezzi pubblici.

l’automobile funziona come un media che filtra la comunicazione, impoverendola. ha poca banda emotiva, consente solo un linguaggio povero e basico, impedisce lo scambio e la comprensione.

internet, pur avendo potenzialmente una banda di modalità espressive più ampia, sembra avere un effetto simile: riduce le capacità empatiche delle persone, che faticano a mettersi nei panni dell’altro e spesso riducono lo scambio a conflitto. l’impossibilità di vedere la persona davanti a sé sembra disumanizzarci nel contesto del dibattito online, nel senso di diminuire la nostra capacità di considerare l’interlocutore come un essere umano con gli stessi diritti, le stesse imperfezioni e le stesse fragilità che esibiamo noi, e delle quali non riusciamo a essere consapevoli. questa non è necessariamente una caratteristica del media, ma un effetto dovuto alla nostra immaturità nell’usarlo.

 

l’isolamento geografico della famiglia nucleare, quello spaziale dell’automobile, quello visivo della Rete ci hanno gradualmente disabituato all’empatia e ad alcune delle più basilari regole di rispetto sociale. in automobile gridiamo parole che ci guarderemmo bene dal pronunciare se stessimo passeggiando, su Internet scriviamo cose che non potremmo mai dire di persona allo stesso interlocutore.

bisogna reimparare il rispetto, la considerazione dell’interlocutore, la capacità di rivolgersi agli altri come persone e non come oggetti. bisogna reimparare l’empatia, e per farlo è necessario un sforzo continuo di consapevolezza di chi abbiamo davanti, dei suoi diritti e del suo essere un nostro pari, meritevole dello stesso rispetto che esigiamo da lui. bisogna reimparare a non considerarsi al centro dell’universo.

 

foto di ElenahNeshcuet da flickr