io non so scrivere di me, nel senso che già faccio fatica a raccontare quello che vedo intorno a me, già sono maldestro come testimone, figuriamoci come inventore di emozioni e pensieri originali. scrivere di quello che sento, tantomeno di quello che sono, non mi riesce. figuriamoci poi scrivere ciò che è, che pensa o che prova un personaggio immaginario.
(“ma ci hai provato” fa? “no” dico io. “e allora come lo sai?” dice. “ok”).
al massimo tendo per affinità, formazione, codardia o chissà quale altra ragione, al reportage: la scrittura creativa, la narrativa, la fiction mi sono estranee e persino un po’ sospette. però in senso buono.
è per questo che ogni volta che incontro una scrittrice o, con ancora più meraviglia, vedo un’amica che in un processo evolutivo non meno stupefacente dello sbocciar di un fiore della caramellatura delle proteine, improvvisamente diventa scrittrice, come se fosse un fenomeno chimico o un patentino dato da una qualche divinità greca, resto ammirato e affascinato. e un po’ sospettoso e anche un po’ invidioso, pur essendo al corrente di ciò che molte persone non sanno, cioè che in Italia coi libri non si fanno i soldi.
(che non sono uno scrittore si vede anche dal fatto che scrivo frasi di otto righe con tre subordinate incastrate dentro, che faccio – coi trattini – gli incisi, che uso (un sacco) le parentesi, e che uso maldestramente gli avverbi).
ora di scrittrici di fiction ne conosco già almeno tre, e dico “almeno” perché sto parlando di narrativa ma non so mica delimitarla tanto bene, e dico “ora” perché una di queste tre è nuova, nel senso che ne leggo il blog solo da un annetto anche se ce l’ha da tre e, mi pare bruciando le tappe, sta per pubblicare il suo primo romanzo. per il quale sono del tutto fuori target; incapace, credo, persino di farne una lettura obiettiva, talmente non sarà scritto per me – ammesso che fossi comunque in grado di fare la lettura obiettiva del libro di un’amica.
ma quindi, vieni al punto. niente, il punto era che l’8 aprile esce per Giunti Ovunque tu sarai, primo romanzo di Fioly Bocca, del quale non so altro che sulla copertina ha una lumaca nella pioggia e che non è scritto per me, ma mi piace anche solo l’idea di vederlo presentare alla Sagra del Salamino di Moncestino nel Monferrato* (giuro) tra cavalli, stand di toma e damigiane di barbera, cioè l’ambientazione più lontana dalla situazione di presentazione dell’autore che immagina chi ha vissuto a Milano, ovvero il sotterraneo della feltrinelli in corso Buenos Aires, con l’odore degli impermeabili bagnati e sgradevoli luci accecanti.
(o, a seconda della stagione, il sudore dei turisti e sgradevoli luci accecanti: nel sotterraneo della feltrinelli di Corso Buenos Aires a Milano non esistono né stagioni né ore del giorno, solo manifestazioni olfattive di seconda mano del mondo esterno. se Platone fosse vivo oggi, il mito della caverna lo ambienterebbe alla feltrinelli di Corso Buenos Aires a Milano).
ah, e il punto era anche che il blog di Fioly è a bbodo.it, ha come titolo “giochiamoci il jolly” (entrambe cose che non comprendo perché non ne ho i riferimenti segreti), ha appena subìto un restyling pesante, e ci sono un sacco di belle foto, di viaggio ma non solo, che non so se scatta lei o Federico.
* Poi se ho voglia e mi ricordo, vi faccio il reportage. Per dire: “Alle ore 15.00 concorso a premi per bambini “L’arte del bastoncino”.