Gli altri come “oggetti di sé”: il narcisismo e i suoi effetti sulle relazioni interpersonali

Leggendo Alone Together di Sherry Turkle mi sono imbattuto nella citazione di uno psicoanalista viennese di nome Heinz Kohut, fondatore della “Psicologia del Sé“, che ha fatto studi sul narcisismo, in particolare come il narcisista vive le relazioni in modo strumentale. E’ parecchio interessante, forse utile per alimentare la consapevolezza di come usiamo gli altri e come le relazioni ci aiutano (o meno) a venire a patti con le contraddizioni del narcisismo.

Wikipedia definisce il narcisismo come un disturbo della personalità e, in termini generali, l’amore che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.

Senza voler affrontare Kohut nella sua complessità, ci sono alcuni elementi che trovo interessanti, e per capirmi meglio ho fatto qualche ricerca. In The Moral Self, Pauline Chazan traccia un parallelo tra Aristotele e Kohut per delineare le dinamiche entro le quali la percezione di sé influisce sulle modalità con cui ci costruiamo una morale rispetto agli altri.

Semplificando molto, per Aristotele è necessario amare sé stessi per poter amare gli altri, l’amore per sé è solidamente fondato nella sfera dell’etica: solo se una persona si ama sarà in grado di relazionarsi con gli altri in modo virtuoso. Il narcisismo come amore e rispetto di sé ci fa ragionare per dinamiche virtuose nei nostri confronti, e – che sia per forma mentis o per scelta etica – applicare le stesse dinamiche alle relazioni con gli altri. L’amore per sé è una forza che ci consente di avere relazioni con gli altri equilibrate, soddisfacenti e basate sull’etica.

Allora perchè il narcisismo è considerato una patologia? Secondo la psicologia del sé il narcisismo è una questione più complessa del semplice amare sé stessi. Il narcisismo è amore di sé che non si verifica nel contesto di una personalità equilibrata, ma è spesso la messa in atto di un conflitto interiore, della perdita di equilibrio tra il bisogno di amarsi e l’impossibilità a farlo, dovuta alla difficoltà di venire a patti con la propria immagine di sé.

Si manifesta come un conflitto altalenante tra il desiderio di celebrare il proprio amore di sé e la perdita di autostima dovuta alla percezione distorta di alcune caratteristiche di sé stessi, che siano caratteriali o fisiche. Il narcisista si trova quindi intrappolato in un conflitto in cui ha bisogno di riempire il vuoto che si forma tra la scarsa autostima dovuta ai difetti percepiti e il bisogno di avere un’alta immagine di sé, e lo fa cercando conferme nelle relazioni con gli altri.

Kohut conia il termine selfobject (“oggetto di sé”) per definire il modo in cui il narcisista usa gli altri nel contesto delle relazioni interpersonali, per rafforzare la propria immagine rispetto alle qualità su cui si sente deficitario. Cerchiamo persone che possano rassicurarci, lodarci, gratificarci proprio sui punti su cui ci sentiamo più deficitari.

Questo elemento è presente in qualche misura in molte relazioni: in quelle più sane è reciproco e non ha effetti negativi ma anzi positivi sull’immagine di sé dei due partecipanti. Dall’amicizia all’amore, il rafforzamento reciproco dell’autostima è un elemento centrale della vita relazionale. Ma se l’approccio agli altri è puramente strumentale, come nel caso del narcisismo patologico, finiamo per andare in cerca, se non costruire, relazioni che possono facilmente dimostrarsi disfunzionali, nella misura in cui non si tratta di relazioni complete e simmetriche, ma che servono esclusivamente a uno dei due elementi della coppia per rafforzarsi su alcuni aspetti specifici.

 

Echo and Narcissus by John William Waterhouse, 1903

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